Anche noi, se volessimo, potremmo fare cose ignobili come quelle che fa abitualmente l’aborto umano (*1994) e quindi potremmo:

i) pubblicare screenshot delle idiozie che scrive, senza occultare il suo soprannome;

ii) insultarlo pubblicamente riportando il suo soprannome;

iii) inventarci cose circa la sua «persona», spacciandole per «fatti»;

iv) stabilire arbitrariamente quali sarebbero le motivazioni dietro le sue azioni;

v) eccetera.

Tuttavia, non lo facciamo. Perché? È semplice: in primo luogo, non ci va di impestare i nostri nobili spazi virtuali con tracce provenienti da una creatura così inferiore e maleodorante (lasciamo che sia egli a profumare i suoi ignobili spazi virtuali con qualsiasi traccia proveniente da noi).
Inoltre… non fa parte della nostra natura. Ci sentiremmo dei vermi, se facessimo anche una sola, delle cose che fa abitualmente il Cavaliere di Zio.
Va bene così: egli rimane ciò che è – e continua a dimostrarlo – e noi pure.

Una delle frasi-chiave per capire che razza di infame si nasconda dietro quel ridicolo soprannome – coincidente con il titolo di una composizione dilorenziana – è la seguente:

Non vedo l’ora di scoprire i suoi dati, così spammo la sua faccia ovunque!

In questa affermazione del piccolo verme è possibile ravvisare quali siano le sue aspirazioni: compiere azioni criminali ai danni delle persone ma sempre standosene nascosto come uno scarafaggio. Da vomito. 

Ogni tanto, ci viene voglia di riportare le incredibili puttanate dell’aborto umano, giusto per ricavarne una conversazione immaginaria tra lui e un interlocutore che si limita a ridere ma poi lasciamo perdere. Perché? Perché poi ci sarà cattivo odore e noi odiamo il cattivo odore!
Lo avevamo già fatto tempo fa, tanto che l’escremento umano ci aveva definiti «pagliaccio da riporto» (un modo come un altro per attribuirci la sua condizione ereditaria) ma poi decidemmo di lasciare perdere.
Il cattivo odore era troppo fastidioso, anche se ci eravamo limitati a riportare le sue ridicole parole e a relazionarle con le risate di un interlocutore immaginario.