L’op. 18 di Ludwig van Beethoven è composta da sei quartetti per archi, i primi scritti dal compositore tedesco. Furono composti tra il 1798 e il 1800, su commissione del principe Lobkowitz. I sei quartetti op. 18 furono pubblicati negli anni 1800-01, a Vienna. L’ordine della pubblicazione dei lavori non corrisponde all’ordine di composizione reale. Beethoven scrisse questi quartetti nella sequenza 3, 1, 2, 5, 6, 4.
Nella storia, un’unità funzionale interna ininterrotta è stata postulata di rado e realizzata ancor più di rado.
Per essere controllabile, un nesso organico si presta solo in misura limitata a una possibile falsificazione mediante dati empirici: l’analogia strutturale non è continua.
Il criterio in base al quale un’interpretazione prova di essere più o meno valida consiste nel grado di coerenza che è capace di mostrare tra gli elementi parziali di un’opera musicale.
Un’opera d’arte, invece di essere espressione diretta di un «momento di vita», può anche servire a mascherarlo; invece di rappresentare la realtà vissuta dall’autore, rappresenta talvolta il sogno con cui egli si è difeso dalla realtà.
L’interpretazione psicologica è un ripiego a cui si ricorre quando la comunicazione estetica viene a mancare o si interrompe.
La storia diventa sempre più incomprensibile ed estranea, quanto più estesa ne è la nostra conoscenza e quanto più pertinacemente studiamo le premesse su cui si basava il passato, quando era ancora presente.
Nell’estetica – come nella filologia – la coerenza delle congetture è un criterio essenziale della loro adeguatezza.
Le congetture sono adeguate se sono coerenti.
La radicalizzazione dei conflitti è il motivo per cui si scrivono drammi e non trattati.
Poesia e musica possono essere comparate, grazie al comune alto grado di astrazione.
Progressiva «conversione» del contenuto in forma.
Crescente precisione formale, mentre diminuisce quella contenutistica.
Processo formale come formalizzazione.
Riconosciuta come componente essenziale della natura umana, la malinconia – in Ficino – diventa la dimensione «eccezionale», non ordinaria, dell’esistenza, entro cui intravedere le tracce di un nuovo modello gnoseologico e antropologico.
I tre pilastri del «cristianesimo»:
i) rinuncia alla vita;
ii) odio per la realtà;
iii) obbligo alla menzogna.
Io detesto il sacrifico, poiché esso è contrario alla natura e alla vita. La rinuncia a un qualcosa di invitante, di bello, di valore e che tutti vorrebbero è un difetto del debole e del decadente; giacché quest’ultimo si uniforma in maniera ordinaria e si abbassa al di sotto di ciò che non riesce a raggiungere.
Nel numero 594 della collana di fantascienza Urania – pubblicato l’11 giugno 1972 con il romanzo H su Los Angeles, di Robert Moore Williams – compare il termine «zombi»; probabilmente, si tratta della prima citazione nota di questo termine, in Italia.
La morte è la permanente cessazione di tutte le funzioni biologiche che sostengono un organismo vivente. Si riferisce sia a un evento specifico sia a una condizione permanente e irreversibile. Con la morte, termina l’esistenza di un vivente o di un sistema funzionalmente organizzato.
Rielaborazione originale, questa sconosciuta!
Non abbiamo bisogno di creare miti di Sicilie di altri (Greci, Normanni o Arabi): esiste una Sicilia esclusivamente siciliana che da altri popoli ha preso ma ha anche rielaborato in maniera originale.
1. Coloro i quali deridono gli aforismi di Robert Fripp (da essi considerato un genio e un virtuoso), credendo che si tratti degli aforismi di Marcello Di Lorenzo (da essi considerato sia un grande compositore sia uno pseudo compositore, a seconda dell’umore del momento).
2. Coloro i quali continuano a dire che una certa persona è uscita dalla loro mente ma che continuano ossessivamente a scrivere menzogne su quella persona e persino a tentare (senza alcun risultato) di farla sparire da internet (il che è un evidente sintomo di ossessione). Banali casi di impotenza.
3. Coloro i quali si vantano della propria incoerenza, affermando che è stato un piacere essersi liberati degli stessi uomini dei quali fino a poco prima avevano decantato pubblicamente e lungamente le lodi.
4. Coloro i quali pensano che io «copi», mentre in realtà io miglioro, ridicolizzo, trasfiguro, abbatto e sollevo i frammenti altrui, di cui talvolta mi approprio, con l’autorità di un vero creatore.
5. Coloro i quali sono fissati con la morale, dimenticando che è esistito un periodo pre-morale durato milioni di anni, prima che questa sciocchezza cominciasse a diffondersi e a fare presa sui più deboli.
6. Coloro i quali odiano la guerra ma adorano i guerrieri. Un po’ come se io odiassi la pittura ma adorassi i pittori.
7. Coloro i quali hanno la presunzione e l’arroganza e la superficialità di fare affermazioni (totalmente arbitrarie) circa le presunte motivazioni che starebbero dietro le azioni altrui. Si tratta di un livello di stupidità e infamia estremamente alto e raggiungibile solo da soggetti dotati di una marcia in più, in tal senso.
8. Coloro i quali dicono di amare il prog e poi preferiscono Argus (1972) a Tarkus (1971).
9. Coloro i quali pensano che vendere la propria musica (come fanno tutti i musicisti della Terra) significherebbe «vendere il proprio deretano»! Un’idea così balorda, irrazionale, stupida e priva di senso logico da far pensare che debba trattarsi di soggetti cresciuti in famiglie dove per guadagnarsi il pane, si vende il proprio deretano. Si chiama, infatti, prostituzione e non ha nulla a che vedere con la normalissima e legittima e nobile vendita dei propri prodotti artistici. 10. Coloro i quali si illudono di «creare, inventare, conquistare e poi gettare via», mentre in realtà non creano, non inventano, non conquistano e quindi non c’è proprio niente da gettare via, tranne la propria dignità, calpestata dall’attività chiamata «tradire sé stessi e le proprie opinioni su tutto e tutti».
Sviluppo alternativo di frammenti altrui, questo sconosciuto! Detto diversamente: composizione musicale, questa sconosciuta! È difficile immaginare qualcosa di più tragicomico di un soggetto che tenta disperatamente di screditare cose e persone in precedenza elogiate fino alla nausea, ottenendo come unico risultato quello di fornire prove concrete e definitive del peso inesistente delle sue parole. L’unica cosa peggiore di un ominicchio è un ominicchio che non riconosce di esserlo e che quindi tenta disperatamente di screditare uomini che non riescono nemmeno ad accorgersi di esso, essendo troppo in alto per farlo. Gli inferiori si contraddicono. Se non fosse perché detesto il cattivo odore, potrei divertirmi a divulgare le recensioni platealmente contraddittorie del bastardello anonimo (*1994), come ho fatto in passato.
Secondo certi soggetti dal cervello non pervenuto, tutti gli infiniti compositori che hanno scritto musica senza poi suonarla in prima persona «non sono validi, hanno barato, hanno commesso un delitto»! Persino l’immenso Beethoven, che trascorse gli ultimi anni della sua vita chiuso in casa a scrivere musica che non poteva nemmeno ascoltare (essendo sordo) dev’essere bocciato, stando al «cavaliere di Dio»! Ah! ah! ah! ah! ah! Sembra una pellicola di fantascienza ma imbecilli di questo calibro esistono realmente!
9. Coloro i quali pensano che vendere la propria musica (come fanno tutti i musicisti della Terra) significherebbe «vendere il proprio deretano»! Un’idea così balorda, irrazionale, stupida e priva di senso logico da far pensare che debba trattarsi di soggetti cresciuti in famiglie dove per guadagnarsi il pane, si vende il proprio deretano. Si chiama, infatti, prostituzione e non ha nulla a che vedere con la normalissima e legittima e nobile vendita dei propri prodotti artistici. 10. Coloro i quali si illudono di «creare, inventare, conquistare e poi gettare via», mentre in realtà non creano, non inventano, non conquistano e quindi non c’è proprio niente da gettare via, tranne la propria dignità, calpestata dall’attività chiamata «tradire sé stessi e le proprie opinioni su tutto e tutti».
11. Coloro i quali continuano ossessivamente a dire di essere musicalmente superiori a determinati compositori ma senza mai fare nulla che possa confermare il loro dire. Un bizzarro caso di scollegamento dalla realtà, aggravato dal fatto che essi ripetono sempre di non essere musicisti e di non volerlo essere ma tuttavia, insistendo sulla loro presunta «abissale superiorità». Un notevole esempio di frattura tra realtà e immaginazione.
12. Coloro i quali sono così allucinati e malati e scollegati dalla realtà da pensare che qualcuno voglia «impedire loro» di scegliere chi frequentare o di cancellare i propri video e commenti eccetera, quando quel qualcuno si è limitato a:
i) ridere della loro tragicomica intolleranza e della loro spettacolare incoerenza;
ii) ringraziare il destino per averlo liberato di certa spazzatura parlante;
iii) comporre tanta ottima musica ispirata agli ominicchi come loro.
Gli antichi Greci scelsero di vivere in Sicilia. Il loro senso estetico rimane il più grande mai esistito.
Perché non fai mai gli screen dei commenti o degli articoli diffamanti e menzogneri che certa gentaglia diffonde circa la tua persona?
Perché mi darebbe fastidio il cattivo odore emanato dagli stessi, sebbene in versione fotografata.
Ah. Qualche altro motivo?
Non mi viene spontaneo. Mi sa di roba volgarissima, tipo «fare la spia» o «vendicarsi diffamando chi è molto più in alto» o «fare i dispetti» o altra roba da infami. Trovo davvero stomachevole, la pratica di diffondere (senza autorizzazione) materiale altrui per poi commentarlo con una marea di illazioni, falsità e inesattezze, come fanno certi ominicchi sprovvisti di testicoli.
In effetti, sarebbe deplorevole per qualsiasi uomo degno di tale nome.
Esatto.
Hai notato che l’arroganza dà fastidio soprattutto quando proviene da uomini di merito?
Sì ma è il merito, a dare fastidio, non l’arroganza!
Vero! Grazie.
Di nulla.
Alcuni ominicchi vedono «roba denigratoria e offensiva realizzata da qualcuno nei loro confronti» laddove c’è semplicemente musica. Per simili casi clinici, ad esempio, un brano musicale a loro sgradito o semplicemente avente un titolo a loro sgradito è considerato «roba denigratoria e offensiva» ma obiettivamente non lo è: è solo musica. Codesta musica può piacere (e quindi essere ascoltata) o può non piacere (e quindi non essere ascoltata) ma ovviamente non ha nulla a che vedere con il buffo concetto di «roba denigratoria e offensiva».
Simili errori genetici non si limitano a vedere fischi laddove ci sono fiaschi ma sulla base delle loro allucinazioni, si sentono pure in diritto di diffamare pubblicamente uomini che hanno – e mostrano – un nome e un cognome e una faccia (a differenza degli ominicchi, che se ne stanno perennemente nascosti).
Alcuni ominicchi sono così disperatamente stupidi e allucinati, da vedere «offese rivolte ad essi» laddove ci sono dialoghi di fantasia o monologhi o pensieri generici, totalmente privi di riferimenti espliciti ad essi. Ad esempio: qualcuno scrive dei pensieri generici sulle scimmie o sugli stupidi o sui codardi o sui sedicenti cristiani eccetera e quegli ominicchi fanno lo screen di codesti scritti, pubblicandoli poi nei loro deliranti articoli e presentandoli come «prove delle offese ricevute». In sostanza, essi si sentono sempre chiamati in causa, nonostante il fatto che nessuno li consideri in alcun modo.
È condizione indispensabile e obbligatoria delle persone inferiori, vedere ovunque «deliri», soprattutto dove non ve n’è nemmeno l’ombra. Qualche esempio: una scimmia vede un’innocua citazione e subito sentenzia che «quello è un delirio»; una scimmia vede un tranquillo monologo scritto da un compositore e subito sentenzia che «quello è un delirio»; una scimmia vede un’idea forte, coraggiosa, argomentata e subito sentenzia che «quello è un delirio».
Naturalmente, la scimmia in questione non si rende mai conto che è essa stessa a essere delirante e allucinata. Così va la vita.
È una delle particolarità del tardo stile beethoveniano, che nessi tra singoli elementi, apparentemente indivisibili se ne si vuole conservare il senso musicale, siano invece disgiunti.
L’ottava sinfonia è la più breve e più atipica delle composizioni sinfoniche di Beethoven. Di carattere brillante e spirituale, essa segna un ritorno inatteso a una forma decisamente classica, consona ai modelli di Mozart e Haydn.
Le forme musicali di Beethoven rappresentano soluzioni a problemi formali specifici e sempre diversi e la tematica è una funzione della forma;
Nel romanticismo, invece, le forme potevano rimanere schematiche o dissolversi.
Beethoven evita di enunciare i temi e da una forma preliminare, passa subito a un’elaborazione che li sviluppa.
Beethoven si dedicò raramente a questioni formali o strutturali; ciò che lo colpiva era piuttosto la diffusa concezione dell’opera d’arte come insieme coerente.
Se in Meyerbeer c’è un’idea musicale (melodica) che si serve del decorso musicale come mezzo, in Beethoven c’è un pensiero funzionale (formale) dove non è il sostrato ma il suo sviluppo formale, a creare il significato.
Proprio gli autori di musica da camera (Brahms, Schumann) mostrarono forte ritegno per il quartetto per archi e preferirono rifugiarsi nella musica da camera per pianoforte, anziché confrontarsi con l’eredità schiacciante di Beethoven; il quartetto per archi verrà ripreso solo con Schönberg e Bartók, i quali nonostante il cambiamento nel linguaggio, si riallacciano palesemente a Beethoven.
In Haydn e in Beethoven, l’individualizzazione non sta tanto nell’originalità dei temi, quanto in specifiche concezioni formali.
E quindi?
E quindi, l’elemento essenziale dev’essere cercato in idee formali, invece che in dettagli di spicco – siano essi temi, procedimenti armonici o sorprese ritmiche d’effetto.
Grazie.
Di nulla.
Guido Adler (1855-1941) è stato un musicologo e docente austriaco ed è considerato il padre della musicologia moderna.
Nel 1888, Adler si rivolse al governo dell’Austria, suggerendo la redazione e la pubblicazione della grande musica austriaca. Incaricato del progetto Denkmäler der Tonkunst für Österreich, Adler fu il curatore (per più di quarant’anni) di ottantatré volumi della collana musicale.
Nel biennio 1892-93, selezionò opere musicali dei sovrani Ferdinando Iii, Leopoldo I e Giuseppe I. Nel 1892, curò l’organizzazione della sezione musicale al Festival internazionale di musica e teatro e nel 1898 – dopo essere subentrato a Hanslick – divenne professore di musicologia all’Università di Vienna, dove si occupò di organizzare un dipartimento universitario rivolto alla ricerca musicologica, istituzione che attirò l’attenzione di studenti di tutta Europa. Oltre alla passione per la musicologia, Adler si interessò di musica contemporanea e dodecafonica, in particolare dei lavori di Arnold Schönberg e coltivò l’amicizia di Gustav Mahler, sul quale scrisse un libro, nel 1916.
Nel 1927, provvide all’organizzazione delle celebrazioni per il centenario della morte di Beethoven e nel 1935, compose la propria autobiografia.
Nel 1803, la Sonata Kreutzer presenta un primo movimento che per chiarezza formale, grandiosità e potenza drammatica supera tutto ciò che Beethoven aveva scritto fino ad allora.
Che cos’è, per Beethoven, la forma musicale?
L’interpretazione «classica» ci dice che è l’espressione tangibile della «legge del tutto».
E quella moderna?
Quella moderna suppone l’esistenza di una struttura di fondo, a partire dalla quale, l’opera «prende forma».
Carl Maria von Weber racconta che nella Quaresima 1812, all’orchestra di corte di Dresda, poté ancora ascoltare in servizio per il basso continuo l’ultimo tiorbista della storia: Johann Adolph Faustinus Weiss (1741-1814), figlio cadetto di Sylvius Leopold Weiss, il grande liutista coevo di Johann Sebastian Bach.
Il perfetto maestro di cappella è un trattato musicale di Johann Mattheson, pubblicato ad Amburgo, nel 1739.
Il trattato di Mattheson, che costituisce uno dei maggiori testi specifici del periodo barocco, comprende nozioni sul gusto, la prassi esecutiva, gli abbellimenti e la teoria musicale. Mattheson, inoltre, tratta della formazione dei maestri di cappella, argomentandone le capacità e le doti necessarie e ponendo l’accento sui vari doveri e le aspettative.
Il libro contiene anche aneddoti e curiosità sui musicisti dell’epoca come Bach, Händel e Vivaldi.
Numerosi compositori, nel corso dei decenni successivi, hanno fatto riferimento alle osservazioni presenti nel trattato di Mattheson, per questioni di prassi esecutiva e di estetica musicale.
Secondo te, come si spiega il curiosissimo fenomeno per cui qualcuno si esprime prima positivamente e subito dopo negativamente nei confronti di uno stesso oggetto o di uno stesso uomo?
Evidentemente, quel qualcuno ha cambiato opinione su sé stesso, proiettando poi il tutto all’esterno di sé.
E perché qualcuno dovrebbe essere così incoerente e lunatico nei confronti di sé stesso?
Questo non lo so. Non ho le competenze, per trattare codesti argomenti.
Patton credeva nella reincarnazione, pur rimanendo un sedicente cristiano. Durante la Campagna d’Africa, portò il suo staff sul sito dell’antica Battaglia di Zama. Lì, Patton iniziò a raccontare dettagli della stessa, insistendo (con il suo secondo in comando) che egli stesso era presente di persona, all’epoca della battaglia: un chiaro segno di malattia mentale.
Qualche esempio di che cosa significhi essere decadenti:
i) non avere alcun interesse per il presente e per il futuro;
ii) considerare il mondo come perduto;
iii) negare la disuguaglianza, cioè la realtà stessa;
iv) sperare che il mondo sarà spazzato via al più presto;
v) illudersi che ci sia un tizio chiamato «Dio», che si occuperà di codesta distruzione del mondo.
In sintesi: l’odio istintivo per la realtà, magnificamente individuato dal geniale Nietzsche già nel 1888.
Se non mi bevo le loro fiabe per il bestiame, mi considerano stolto. La possibilità che gli stolti siano loro (cosa peraltro evidente) non è nemmeno presa in considerazione. Ecco che cosa significa fanatismo. La loro tragicomica «fede» (cioè la loro volontà di non vedere ciò che si vede) la chiamano «realtà».
Preferirei morire, che essere come questi malati.
I sensi non mentono.
Ridurre un gigante della letteratura come Nietzsche a «un malato di mente» è la prova definitiva e suprema della propria disperata idiozia.
Chiunque blateri di «andare oltre i cinque sensi», sta solo mentendo (a sé stesso e agli altri) e sta confermando la sua condizione di persona decadente.
Per l’artista, apparenza significa realtà ripetuta ma sotto forma di selezione, di raddoppio, di correzione.
L’artista tragico non è un pessimista, egli dice sì a tutto ciò che è problematico e terribile, egli è dionisiaco.
1. Le ragioni che fecero chiamare «questo» mondo un «mondo di apparenza», al contrario provano la sua realtà. Un’altra realtà è indimostrabile.
2. I segni distintivi che si sono dati della «vera essenza delle cose» sono i segni caratteristici del non essere, del nulla.
3. Parlare di un «altro» mondo che non sia questo qui non ha alcun senso, tranne per chi ha in sé stesso un istinto dominante di calunnia e di restringimento della vita: in tal caso ci si vendica della vita con la fantasia di un’«altra» vita, di una vita «migliore».
4. Separare il mondo in «mondo reale» e «mondo delle apparenze» (come fanno i sedicenti cristiani) non è che una suggestione della decadenza, un sintomo della vita declinante.
Il desiderio di censurare è un marchio di fabbrica delle persone inferiori. Si chiama intolleranza ed è inseparabile dall’impotenza.
Gli insulti, le illazioni e le diffamazioni provenienti dagli idioti (ancora meglio se sedicenti cristiani) rappresentano un tipo di pubblicità particolarmente desiderabile per gli uomini di valore, specialmente nel caso in cui codesti uomini sono – e rimangono – un esempio vivente di quello che gli idioti in questione non potranno mai essere, essendo inferiori per dovere di nascita.
Si parla di audacia quando se ne è sprovvisti, così come si parla di purezza, talento, forza eccetera quando se ne è sprovvisti.
L’uomo realmente audace, puro, talentoso, forte eccetera non parla: dimostra con i fatti ciò che è.Sviluppo alternativo di frammenti altrui, questo sconosciuto! Detto diversamente: composizione musicale, questa sconosciuta! È difficile immaginare qualcosa di più tragicomico di un soggetto che tenta disperatamente di screditare cose e persone in precedenza elogiate fino alla nausea, ottenendo come unico risultato quello di fornire prove concrete e definitive del peso inesistente delle sue parole. L’unica cosa peggiore di un ominicchio è un ominicchio che non riconosce di esserlo e che quindi tenta disperatamente di screditare uomini che non riescono nemmeno ad accorgersi di esso, essendo troppo in alto per farlo. Gli inferiori si contraddicono. Se non fosse perché detesto il cattivo odore, potrei divertirmi a divulgare le recensioni platealmente contraddittorie del bastardello anonimo (*1994), come ho fatto in passato.
Secondo certi soggetti dal cervello non pervenuto, tutti gli infiniti compositori che hanno scritto musica senza poi suonarla in prima persona «non sono validi, hanno barato, hanno commesso un delitto»! Persino l’immenso Beethoven, che trascorse gli ultimi anni della sua vita chiuso in casa a scrivere musica che non poteva nemmeno ascoltare (essendo sordo) dev’essere bocciato, stando al «cavaliere di Dio»! Ah! ah! ah! ah! ah! Sembra una pellicola di fantascienza ma imbecilli di questo calibro esistono realmente!
Gli incoerenti che danno dell’incoerente ai coerenti ci sono sempre stati e sempre ci saranno.
La melodia può essere tante cose diverse: può essere un ritornello, un tema, un motivo, una linea melodica, una base oppure un sottofondo… molte, molte cose.
Nella musica sinfonica, il ritornello non è esattamente l’ideale, perché essendo completo in sé stesso, non richiede alcuno sviluppo – e lo sviluppo è la cosa essenziale nella musica sinfonica: la crescita del seme melodico in un grande albero sinfonico.
Un motivo può essere costituito anche da due sole note.
Il due ripete sempre l’uno e il tre è la partenza.
Il contrappunto non è scarsità di melodia: è abbondanza di melodia – non azzera la melodia ma la moltiplica.
Più ci si allontana da quel genere di ripetizione tipo Mackie Messer, più la melodia può diventare difficile da afferrare ma nello stesso tempo molto più bella e nobile.
Forse, dovremmo chiamarla così: non musica classica ma esatta.
Classicismo = portare le regole alla perfezione.
La ricerca della perfezione la rende classica.
Un classico dura per sempre, come un vaso greco.
Nella composizione musicale, la variazione in sviluppo è una tecnica formale in cui i concetti di sviluppo e variazione sono uniti, poiché le variazioni sono prodotte attraverso lo sviluppo del materiale esistente.
Sebbene il termine sia stato coniato da Arnold Schönberg – compositore del ventesimo secolo e inventore della tecnica dei dodici suoni – egli sentì che questo era uno dei più importanti princìpi compositivi sin dal 1750 circa.
In Problemi di composizione, Dahlhaus sostiene l’unicità di Brahms con l’esempio del quartetto per pianoforte op. 25. Dahlhaus analizza il quartetto come basato sulla variazione continua di due motivi che sono introdotti nella prima e undicesima battuta del movimento. Questo processo, che secondo Dahlhaus è diventato la principale procedura espositiva in Brahms, è una soluzione a un problema dei compositori del diciannovesimo secolo: come creare brani di musica lunghi, su un materiale tematico molto conciso, evitando il materiale convenzionale «riempitivo» per completare un modulo standard.
L’opinione generale è che esista una forza analitica, nella variazione in sviluppo. Non solo nomi come Frisch e Dahlhaus supportano questa affermazione ma anche critici come Krummacher sono d’accordo sul fatto che la variazione in sviluppo ci abbia indicato cose che prima non vedevamo. Gli esempi e gli articoli di Schönberg indicano qualcosa di originale, anche se la sua musicologia non è organizzata in modo sistematico. Ad esempio, egli usa termini come «idea» e «forma base» molto vagamente. Inoltre, non rende abbastanza chiara la connessione tra variazione in sviluppo e prosa musicale.
Una domanda immediata sulla variazione in sviluppo di Schönberg è se essa sia uno strumento analitico o un concetto ideologico. La differenza tra i due è difficile da definire, poiché non esiste un’analisi che si avvicini al soggetto con occhio limpido o che non sia carica di teoria.
Secondo Schmidt, c’è una differenza essenziale tra ciò che la variazione in sviluppo significa nella musica di Brahms e in quella di Schönberg. Una proprietà indispensabile della musica di Brahms è il suo essere tonale. La tonalità è un modo essenziale per costruire coerenza e forma, all’interno dell’opera.
Schönberg si è allontanato dalla tonalità molto presto, nella sua carriera, quindi i rapporti motivici per lui erano necessari, allo scopo di costruire la forma – poiché non aveva nient’altro. Mentre in Brahms, la variazione in sviluppo era complementare al quadro tonale, il quale crea coerenza interna.
Secondo Musgrave, la presentazione di Brahms da parte di Schönberg è il risultato della sua scelta delle caratteristiche brahmsiane che lo renderebbero adatto al modello di Schönberg. Questo non rende la visione schönbergiana di Brahms sbagliata ma unilaterale. Musgrave non è estremamente critico nei confronti del modello di Schönberg ma attira l’attenzione sulla natura non oggettiva dei suoi scritti.
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