Il «cristianesimo» non costituisce quel progresso che pretende di rappresentare rispetto ai culti primitivi, presentandosi come «unico detentore dell’unica rivelazione divina».
Insieme ai mali propri della «barbarie» – evidenti nelle persecuzioni secolari che il «cristianesimo» ha esercitato sui suoi «dissidenti» e su chi era di diversa opinione – il «cristianesimo» nell’alleanza con il platonismo ha propagato una concezione del mondo spiritualistica che costituisce un ostacolo epistemologico notevole per chiunque intenda studiare la natura secondo i suoi princìpi propri e sulla base del sano intelletto umano.
Ignoranza e paura, ecco i due sostegni di tutte le religioni. L’incertezza in cui l’uomo si trova in rapporto al proprio «Dio» è precisamente il motivo che lo tiene aggrappato alla sua religione.
Adorare «Dio» significa adorare le finzioni del proprio cervello o, meglio ancora, non adorare nulla.
L’intelligenza dell’uomo non dimostra l’intelligenza di «Dio» più di quanto la malvagità dell’uomo non dimostri la malvagità di quel «Dio» di cui si pretende che l’uomo sia una creatura. Da qualsiasi lato la teologia affronti la questione, «Dio» sarà sempre una causa contraddetta dai suoi effetti.
Se «Dio» è dappertutto, allora è anche in me, agisce con me, sbaglia con me, offende «Dio» con me, combatte con me l’esistenza di «Dio».
Le concezioni irreali e soprannaturali della teologia sono riuscite talmente a sconvolgere nella mente umana le idee più semplici, più chiare, più naturali, che i devoti – incapaci di accusare «Dio» di malvagità – si abituano a considerare i più duri colpi della sorte come «prove indubbie della bontà celeste». Se sono immersi nel dolore, si ordina loro di credere che «Dio» li ama, che «Dio» li protegge, che «Dio» vuole metterli alla prova.
È assolutamente impossibile far accettare i migliori argomenti a «uomini» fortemente interessati all’errore, prevenuti, non disposti a riflettere; ma è più che mai necessario che la verità disinganni le anime oneste che la cercano in buona fede.
La devozione è una malattia dell’immaginazione, contratta fin dall’infanzia; il devoto è un ipocondriaco che, a forza di medicine, non fa che aggravare il suo male.
In materia di religione, gli uomini, per la maggior parte, sono rimasti nella loro barbarie primitiva. Le religioni moderne non sono altro che follie antiche ringiovanite o presentate sotto qualche nuova forma.
È sempre il carattere dell’uomo che stabilisce il carattere del suo «Dio»; ciascuno si foggia un «Dio» per suo uso e in base a sé stesso.
L’uomo è un essere puramente fisico.
La natura non è affatto un’«opera»: essa è sempre esistita di per sé; è nel suo seno che tutto avviene, è un’officina immensa, fornita di materiali e che costruisce gli strumenti di cui si serve per agire.
Se l’ignoranza della natura dette origine agli dèi, la conoscenza della natura è fatta per distruggerli.
Ho scoperto che il piccolo bastardo scrive in giro che tu saresti «il Mozart dei poveri»!
Strano, a me risulta che io sia il Di Lorenzo dei ricchi. La cosa, tuttavia, non mi sorprende: è inevitabile che creature povere di cervello e di fegato e di testicoli attribuiscano agli altri la propria povertà, proprio come fa il piccolo bastardo in questione.
Perché fa queste cose?
Non saprei: non mi intendo di queste faccende delicate.
18 March 2023
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