24 November 2024

La musica di Varèse enfatizza timbro e ritmo; egli coniò il termine «suono organizzato», in riferimento alla sua estetica musicale. La concezione musicale di Varèse rifletteva la sua visione del «suono come materia vivente» e dello «spazio musicale come aperto, piuttosto che limitato.» Egli concepì gli elementi della sua musica in termini di «masse sonore», paragonando la loro organizzazione al fenomeno naturale della cristallizzazione. Varèse pensava che «per orecchie ostinatamente condizionate, qualsiasi cosa nuova nella musica è sempre stata chiamata rumore» e pose la domanda, «Cos’è la musica, se non rumori organizzati?»
Sebbene le sue opere sopravvissute durino insieme solo tre ore, egli è stato riconosciuto come un’influenza da diversi importanti compositori del tardo Xx secolo. Varèse vide il potenziale esistente nei mezzi elettronici, per la produzione sonora e il suo utilizzo di nuovi strumenti e risorse elettroniche lo portò a essere conosciuto come «il padre della musica elettronica» – mentre Henry Miller lo descrisse come «il colosso stratosferico del suono».

Il manifesto dell’Icg (luglio 1921) includeva la dichiarazione: «I compositori odierni si rifiutano di morire. Hanno capito la necessità di unirsi e lottare per il diritto di ogni individuo a garantire una presentazione equa e libera del suo lavoro.»

Nel 1928, quando gli fu chiesto del
jazz, disse che esso non era rappresentativo dell’America ma piuttosto era «un prodotto negro, sfruttato dagli ebrei. Tutti i suoi compositori sono ebrei», riferendosi agli allievi di Gruenberg e Boulanger – tra i quali, Copland e Blitzstein.
Mentre viveva con suo padre (un ingegnere), Varèse fu spinto ad approfondire la sua conoscenza scientifica all’
Institute Technique, una scuola superiore – in Italia – specializzata nell’insegnamento della matematica e delle scienze. Qui, Varèse si interessò in particolare alle opere di Leonardo da Vinci. Fu attraverso l’amore per la scienza, che egli iniziò a studiare il suono, come ricordò in seguito:

Quando avevo circa vent’anni, mi imbattei in una definizione di musica che sembrò improvvisamente gettare luce sui miei tentativi. Józef Maria Hoene-Wroński – il fisico, chimico, musicologo e filosofo polacco della prima metà del Xix secolo – definì la musica come «l’incarnazione dell’intelligenza presente nei suoni.» Fu una concezione nuova ed entusiasmante e, per me, la prima che mi fece pensare alla musica come spaziale, come corpi sonori in movimento nello spazio, una concezione che gradualmente feci mia.

Mentre era a Parigi, Varèse ebbe un’esperienza fondamentale, durante un’esecuzione della
Settima Sinfonia di Beethoven alla Salle Pleyel. Durante lo Scherzo – forse a causa della risonanza della sala – Varèse ebbe l’esperienza della musica che si rompeva e si proiettava nello spazio. Fu un’idea che gli rimase per il resto della vita e che in seguito avrebbe descritto come «oggetti sonori, fluttuanti nello spazio.»
Nei suoi anni di formazione, Varèse fu molto colpito dalla musica medievale e rinascimentale – durante la sua carriera, fondò e diresse diversi cori dedicati a questo repertorio – così come dalla musica di Alexander Scriabin, Erik Satie, Claude Debussy, Hector Berlioz e Richard Strauss. Ci sono anche chiare influenze o reminiscenze delle prime opere di Stravinsky – in particolare
Petrushka e La sagra della primavera – su Arcana. Fu colpito anche dalle idee di Busoni.
Varèse insegnò a molti compositori di spicco, tra cui Chou Wen-chung, Lucia Dlugoszewski, André Jolivet, Colin McPhee, James Tenney e William Grant Still.

I compositori che hanno affermato di essere stati influenzati da Varèse includono Milton Babbitt, Harrison Birtwistle, Pierre Boulez, John Cage, Morton Feldman, Brian Ferneyhough, Roberto Gerhard, Olivier Messiaen, Luigi Nono, John Palmer, Krzysztof Penderecki, Silvestre Revueltas, Wolfgang Rihm, Leon Schidlowsky, Alfred Schnittke, William Grant Still, Karlheinz Stockhausen, Iannis Xenakis e Frank Zappa.

L’enfasi di Varèse
sul timbro, sul ritmo e sulle nuove tecnologie ha ispirato una generazione di giovani musicisti, a partire dagli anni sessanta e settanta.
Uno degli ammiratori più devoti di Varèse era il chitarrista e compositore americano Frank Zappa, che, dopo aver ascoltato una copia di
The Complete Works of Edgard Varèse, Vol. 1 (Ems Recordings, 1950) divenne ossessionato dalla musica del compositore. Zappa scrisse un articolo intitolato Edgard Varèse: The Idol of My Youth, per la rivista Stereo Review, nel giugno del 1971. All’età di 15 anni, Zappa parlò con Varèse al telefono e ricevette una lettera personale ma i due non furono in grado di incontrarsi di persona. Zappa incorniciò questa lettera e la conservò nel suo studio per il resto della sua vita. L’ultimo progetto di Zappa fu The Rage And The Fury, una registrazione delle opere di Varèse. Questo albo è rimasto nella collezione privata di Zappa.
In diverse occasioni, Varèse ipotizzò i modi specifici in cui la tecnologia avrebbe cambiato la musica, in futuro. Nel 1936, predisse macchine musicali che sarebbero state in grado di eseguire musica, non appena un compositore avesse inserito la sua partitura. Queste macchine sarebbero state in grado di riprodurre «qualsiasi numero di frequenze» e quindi la partitura del futuro avrebbe dovuto essere «sismografica», per illustrare il suo pieno potenziale. Nel 1939, egli ampliò questo concetto, dichiarando che con queste macchine «chiunque sarà in grado di premere un pulsante per rilasciare la musica esattamente come l’ha scritta il compositore, esattamente come aprire un libro.» Varèse non avrebbe realizzato queste previsioni fino ai suoi esperimenti su nastro, negli anni cinquanta e sessanta.

Alcune delle opere di Edgard Varèse, in particolare
Arcana, fanno uso dell’idée fixe, un tema fisso, ripetuto alcune volte in un’opera. L’idée fixe è stata utilizzata più notoriamente da Hector Berlioz nella sua Symphonie Fantastique; generalmente, essa non è trasposta, il che la differenzia dal Leitmotiv, utilizzato da Richard Wagner.

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